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MASERATI FA UNA CONVERSIONE E RITORNA A ROMBARE
13 novembre 1995 — pagina 11 sezione: AFFARI & FINANZA
Modena MASERATI, Alzati e cammina. Tre anni fa quella che è la capitale dell' auto sportiva, rischiava di dire addio dopo ottant' anni di storia al suo Tridente. Oggi invece la città, i sindacati, le tute blu accarezzano quelle spider che riempiono il piazzale della storica sede di via Menotti, mentre la vecchia gloriosa Maserati marcia di nuovo. Ordini che arrivano dal lontano Giappone, una produzione che fatica a tenere il passo. Tre anni fa Maserati era un' azienda alla deriva, fantasma. Ma la cura di Eugenio Alzati e della Fiat hanno rimesso il Tridente in carreggiata, dando gas alla produzione, al fatturato, alle esportazioni. Una seconda giovinezza che si riflette anche nei dipendendi: l' età media, nel reparto montaggio, è di soli 23 anni. Gennaio ' 93: un ictus colpisce l' ultimo padre-padrone del Tridente, Alejandro De Tomaso. A don Alejandro subentra l' Avvocato, forse più preoccupato di concedere ad altre case automobilistiche straniere una testa di ponte per entrare sul mercato domestico che realmente convinto della bontà dell' investimento. E il Tridente diventa una scommessa: per Paolo Cantarella, successore di De Tomaso alla presidenza dell' azienda e per l' ingegner Eugenio Alzati, top manager a un passo dai 60 anni. Sei anni alla Ferrari Auto come direttore generale a litigare e convincere il grande Enzo della necessità di un vero progetto industriale. Poi all' Alfa Romeo, quindi spedito in Brasile a fare dello stabilimento Fiat in Sud America la più importante catena di montaggio di un' azienda d' auto europea dall' altra parte dell' Oceano. "Signori, da oggi c' è un nuovo padrone...", sono state le prime parole del nuovo amministratore delegato. "Ecco, ci risiamo. Un altro padre-padrone come De Tomaso...", dicevano scuotendo la testa tecnici e operai all' incontro con Alzati. "... Un nuovo padrone chiamato cliente", corregge e aggiunge l' ingegnere che mezz' ora dopo brindava alla nuova avventura con quella ciurma di tute blu che, in questa terra di motori divisa tra Ferrari e Lamborghini, sa mettere in strada fuori serie come nessun altro al mondo. "E' la squadra che fa un' azienda. Dal portinaio al presidente: è questo lo spirito che regna oggi in Maserati. C' è di nuovo il gusto di lavorare per il Tridente. Tra i nostri clienti è tornata la voglia di sedere al volante di una macchina in pista da ottant' anni, un record che nemmeno i nostri cugini della Ferrari hanno. Un motore che è una bomba e un prezzo competitivo. Per questo, dopo tre anni, ci possiamo permettere il lusso di trascurare gli Stati Uniti e puntare tutto sul Giappone e il Far East", spiega Alzati. Cento miliardi tra acquisizione dell' azienda e piano investimenti, che hanno voluto dire nuove linee di montaggio, nuove tecnologie. "Dal prossimo anno inizieremo a pagarci gli investimenti. Questo lo chiuderemo ancora in rosso, circa 20 miliardi, ma con un fatturato che passerà dai 60 miliardi del ' 94 a un centinaio. A tutto settembre abbiamo venduto 800 auto (+ 93% sul ' 94), per il 58% all' estero (Giappone 22%, Inghilterra 16, resto d' Europa 20). Il pareggio operativo è dietro l' angolo: break-even già a marzo, e in tutto il ' 96 prevediamo di vendere 1380 vetture", sostiene l' amministratore della Maserati. L' ammiraglia è diventata la Quattroporte (due terzi della produzione), con la Ghibli che dà manforte come vettura più aggressiva e corsaiola. A listino, gran turismo che vanno dai 93 ai 115 milioni. "Ma in dicembre presenteremo la Quattroporte col nuovo 8 cilindri e a fine ' 97 il nuovo coupé 2 più 2 disegnato da Giugiaro che ci farà fare il salto definitivo verso le 3 mila vetture l' anno". I 340 dipendenti aumenteranno nei prossimi mesi, la produzione giornaliera di cinque vetture già nel ' 96 passerà ad otto, grazie allenuove linee.Un' azienda cambiata dalla testa ai piedi. La rete commerciale? "Rifatta per il 70 per cento. Trentadue concessionari in Italia. Una quarantina di importatori all' estero". Il cervello resta a Modena, con tutto il reparto progettazione, ma c' è una forte spinta al decentramento esterno delle altre fasi produttive, anche se i fornitori sono passati da 400 a 200. A Torino vengono fatte le scocche. La verniciatura è in coabitazione con i cugini della Ferrari, così anche Maranello, vada come vada il mercato auto, può mantenere a pieno regime il proprio reparto. Montaggio finale nei capannoni di via Menotti. "Ma dobbiamo arrivare a vendere in Italia solo il 30 per cento", aggiunge Alzati. "Ed è già significativo che quest' anno il Giappone ci abbia chiesto 290 macchine. Siamo sulla buona strada, ma guai a fermarsi...". Un progetto industriale, una rivoluzione che la "squadra" modenese - composta anche dall' ingegner Giacomo Caliri, responsabile della direzione tecnica con un passato in Formula Uno, il progettista che ha ridisegnato il profilo delle vetture; da Luigi Maglione direttore commerciale, Massimo Bongiorno a capo della parte industriale e Salvatore Porru della divisione amministrativa - sta portando avanti senza grandi campagne pubblicitarie. "Con 2 miliardi di budget che si può fare? Poco, davvero poco. E allora abbiamo messo in pista l' Open Cup, un campionato granturismo tutto Maserati. Bernie Ecclestone ci ha dato una mano, facendoci entrare sulle piste della Formula 1 e davanti a 100 mila spettatori nei weekend delle sfide tra Benetton-Williams-Ferrari, noi facciamo le nostre corse. Sei all' estero, due in Italia. Quasi venti auto che si sono date battaglia. Perché la Maserati vuol rimettere in sesto i conti, ridare affidabilità ai suoi clienti, un motore 2 litri che è stata la grande intuizizione De Tomaso, ma anche ricordare a tutti che il Tridente ha una grande storia fatta di corse e trionfi". E rimessi insieme affidabilità-design-prestazioni, Maserati sta di nuovo correndo a tutto gas. - di GIANLUCA PEDRAZZI